L’adozione rappresenta un processo complesso, dove la genitorialità e la filiazione
sperimentano percorsi alternativi .
L’adozione, infatti, rientra tra gli eventi non normativi del ciclo vitale di una famiglia, eventi che richiedono la capacità di profonde riorganizzazioni interne del gruppo familiare.
Una persona adottabile ed una famiglia adottante costituiscono, infatti, due mondi sconosciuti che entrano in rapporto tra loro.
L’adozione è l’incontro di due mancanze : la relazione primaria venuta a mancare per il bambino, da una parte, e l’incapacità procreativa per la coppia genitoriale dall’altra.
La genitorialità non è espressione di un evento biologico ma si fonda su un legame affettivo che deve essere costruito nel tempo ed è basato sulla RECIPROCITA’ della scelta .
La consapevolezza della scelta adottiva si realizza quando è chiara per la coppia adottante la differenza tra:
il desiderio di avere un figlio e il bisogno di avere un figlio
1) Nel desiderio di avere un figlio immagineremo un bambino reale, con la sua storia, il suo passato, i suoi traumi, i suoi limiti, la sua genetica.
2) Nel bisogno di avere un figlio saremo inevitabilmente portati a legarci ad bambino fantasticato, destorificato, con il quale immaginiamo di poter rinascere a nuova vita insieme, colmando i reciproci vuoti dolenti.
La difficoltà maggiore (per il bambino) consiste non solo nel dover accettare la perdita delle precedenti figure di attaccamento, ma soprattutto nel dover riorganizzare il legame di attaccamento e dirigerlo verso nuove figure, con gli inevitabili sentimenti di colpa che in relazione a questa scelta si svilupperanno.
Il ricevere aiuto, inoltre, potremmo pensare (sbagliando) che debba essere naturalmente percepito come una azione che produce benefici, ma, in realtà, un aiuto non richiesto potrebbe turbare piuttosto che comportare benefici per il ricevente. Soprattutto laddove il bambino non abbia compiutamente elaborato i vissuti di separazione e di perdita che hanno preceduto la stessa adozione.
Purtroppo, però, non sempre i genitori adottivi riescono ad interpretare correttamente il comportamento, che almeno inizialmente potrà essere anche ostile nei loro confronti, tanto da essere portati a ritenere il bambino “difficile” oppure al contrario a ritenersi incapaci del loro compito, iniziando a disinvestire sulla relazione, con inevitabili ripercussioni sul bambino che vivrà un secondo “lutto”.
Per questo motivo la famiglia adottiva dovrebbe essere composta da persone con una buona dose di autostima che non necessitino di continue rassicurazioni narcisistiche dai figli.
Si è portati naturalmente a pensare che il bambino sia in grado di capire che la nuova situazione (quella adottiva) sia migliore per lui rispetto alla vita precedente, e che quindi egli non possa far altro che essere contento di avere incontrato delle persone più disponibili alle sue necessità
I bambini invece, specie i più piccoli, vivono in un "hic et nunc" pressoché infinito, un eterno presente che impedisce loro una proiezione nel futuro; non sono ancora in grado , in definitiva, di comprendere i vantaggi futuri che potenzialmente potranno essergli garantiti dall'appartenenza ad un nuovo nucleo familiare.
La filiazione adottiva può avere successo solo quando i genitori scelgono di adottare ed il bambino riesce a interiorizzare la scelta di essere adottato, quando la relazione adottiva nasce a partire da un'attitudine (l'amore incondizionato) da parte dei genitori adottivi, quando la relazione adottiva viene vissuta dai genitori come un modo di avvicinarsi al figlio adottivo senza memoria e senza desiderio.
Senza la memoria del mio passato che mi ha visto impossibilitato nel procreare e senza il desiderio che la vita mi debba in qualche modo “risarcire “ proprio per questo motivo, magari attraverso un figlio adottivo.
Cristiano Ceccarelli
sperimentano percorsi alternativi .
L’adozione, infatti, rientra tra gli eventi non normativi del ciclo vitale di una famiglia, eventi che richiedono la capacità di profonde riorganizzazioni interne del gruppo familiare.
Una persona adottabile ed una famiglia adottante costituiscono, infatti, due mondi sconosciuti che entrano in rapporto tra loro.
L’adozione è l’incontro di due mancanze : la relazione primaria venuta a mancare per il bambino, da una parte, e l’incapacità procreativa per la coppia genitoriale dall’altra.
La genitorialità non è espressione di un evento biologico ma si fonda su un legame affettivo che deve essere costruito nel tempo ed è basato sulla RECIPROCITA’ della scelta .
La consapevolezza della scelta adottiva si realizza quando è chiara per la coppia adottante la differenza tra:
il desiderio di avere un figlio e il bisogno di avere un figlio
1) Nel desiderio di avere un figlio immagineremo un bambino reale, con la sua storia, il suo passato, i suoi traumi, i suoi limiti, la sua genetica.
2) Nel bisogno di avere un figlio saremo inevitabilmente portati a legarci ad bambino fantasticato, destorificato, con il quale immaginiamo di poter rinascere a nuova vita insieme, colmando i reciproci vuoti dolenti.
La difficoltà maggiore (per il bambino) consiste non solo nel dover accettare la perdita delle precedenti figure di attaccamento, ma soprattutto nel dover riorganizzare il legame di attaccamento e dirigerlo verso nuove figure, con gli inevitabili sentimenti di colpa che in relazione a questa scelta si svilupperanno.
Il ricevere aiuto, inoltre, potremmo pensare (sbagliando) che debba essere naturalmente percepito come una azione che produce benefici, ma, in realtà, un aiuto non richiesto potrebbe turbare piuttosto che comportare benefici per il ricevente. Soprattutto laddove il bambino non abbia compiutamente elaborato i vissuti di separazione e di perdita che hanno preceduto la stessa adozione.
Purtroppo, però, non sempre i genitori adottivi riescono ad interpretare correttamente il comportamento, che almeno inizialmente potrà essere anche ostile nei loro confronti, tanto da essere portati a ritenere il bambino “difficile” oppure al contrario a ritenersi incapaci del loro compito, iniziando a disinvestire sulla relazione, con inevitabili ripercussioni sul bambino che vivrà un secondo “lutto”.
Per questo motivo la famiglia adottiva dovrebbe essere composta da persone con una buona dose di autostima che non necessitino di continue rassicurazioni narcisistiche dai figli.
Si è portati naturalmente a pensare che il bambino sia in grado di capire che la nuova situazione (quella adottiva) sia migliore per lui rispetto alla vita precedente, e che quindi egli non possa far altro che essere contento di avere incontrato delle persone più disponibili alle sue necessità
I bambini invece, specie i più piccoli, vivono in un "hic et nunc" pressoché infinito, un eterno presente che impedisce loro una proiezione nel futuro; non sono ancora in grado , in definitiva, di comprendere i vantaggi futuri che potenzialmente potranno essergli garantiti dall'appartenenza ad un nuovo nucleo familiare.
La filiazione adottiva può avere successo solo quando i genitori scelgono di adottare ed il bambino riesce a interiorizzare la scelta di essere adottato, quando la relazione adottiva nasce a partire da un'attitudine (l'amore incondizionato) da parte dei genitori adottivi, quando la relazione adottiva viene vissuta dai genitori come un modo di avvicinarsi al figlio adottivo senza memoria e senza desiderio.
Senza la memoria del mio passato che mi ha visto impossibilitato nel procreare e senza il desiderio che la vita mi debba in qualche modo “risarcire “ proprio per questo motivo, magari attraverso un figlio adottivo.
Cristiano Ceccarelli